Il viaggio più lungo: direzione cuore

Osservava il grande conoscitore dei meandri della psiche umana, C.G. Jung: il viaggio in direzione del Centro, al cuore, può essere più pericoloso e lungo del viaggio verso la luna. Nell’intimo degli umani abitano angeli e demoni, tendenze che possono portare alla pazzia e alla morte, energie che conducono all’estasi e alla comunione con il Tutto.

C’è una questione irrisolta tra i pensatori della condizione umana: qual è la struttura di base dell’essere umano? L’interpretazione è affidata a molte scuole. Non è il caso di riassumerle tutte. Andando direttamente al cuore del discorso, la struttura di base non è la ragione come comunemente si afferma. Questa non si presenta per prima. Essa rimanda a dimensioni più primitive della nostra realtà umana nelle quali si alimenta e che la permeano in tutte le sue espressioni. La ragion pura kantiana è un’illusione. La ragione appare sempre impregnata di emozione, di passione e di interesse. Conoscere è sempre un entrare in comunione interessata e affettiva con l’oggetto della conoscenza.

Più che idee e visioni del mondo, sono passioni, sentimenti forti, esperienze seminali che ci muovono, ci rimettono in piedi, ci fanno mettere in marcia, ci fanno affrontare pericoli e rischiare persino la vita.

Il primo sembra essere l’intelligenza cordiale, sensibile e emozionale. Le sue basi biologiche sono le più antiche, legate al sorgere della vita, circa 3,8 miliardi di anni fa, quando i primi batteri irruppero nello scenario dell’evoluzione e cominciarono a dialogare chimicamente nell’ambiente per poter sopravvivere. Questo processo si è approfondito a partire dal momento in cui, miliardi di anni fa, è nato il cervello limbico dei mammiferi, cervello portatore di cure, tenerezza e amore per i cuccioli, nati e cresciuti nel seno di questa specie nuova di animali, a cui pure noi umani apparteniamo. Con noi questo è stato raggiunto il livello intelligenza e autocoscienza. Tutti noi siamo vincolati a questa tradizione primitiva.

Il pensiero occidentale, logocentrico e antropocentrico, ha messo l’affetto tra le attività sospette, con il pretesto che danneggerebbe l’obiettività della conoscenza. C’è stato un eccesso, il razionalismo, che è arrivato produrre in alcuni settori della cultura, una specie di lobotomia, cioè una completa insensibilità davanti alla sofferenza degli umani, degli animali e della stessa Madre Terra. Il papa Francesco a Lampedusa davanti agli immigrati africani ha criticato la globalizzazione dell’insensibilità incapace di nutrire compassione e di piangere.

Ma possiamo dire che a partire del romanticismo europeo (Herder, Goethe e altri) si cominciò riscattare l’intelligenza sensibile. Il romanticismo è più che una scuola letteraria. È un sentimento del mondo, di appartenenza alla natura e di integrazione degli esseri umani nella grande catena della vita), (Löwy e Sayre, Revolta e Melancolia, 28-50).

Modernamente l’affetto, il sentimento e la passione (pathos) hanno ottenuto la centralità. Questo passo è oggi imperativo, perché solo con la ragione (logos) noi ci rendiamo conto delle gravi crisi attraverso le quali passano la vita, l’Umanità e la Terra. La ragione intellettuale ha bisogno di integrare l’intelligenza emozionale, senza la quale non costruiremo una realtà sociale integrata e dal volto umano. Non si arriva al cuore del cuore senza passare attraverso l’affetto e l’amore.

Un dato comunque è necessario mettere in evidenza rispetto ad altri importanti, per il suo rilievo e per l’alta tradizione di cui gode; è la struttura del desiderio che marca la psiche umana. Partendo da Aristotele, passando per Sant’Agostino e i medievali (San Bonaventura chiama San Francesco vir desideriorum, uomo di desideri) attraverso Schleiermacher, Max Scheler fino ai tempi moderni, e culminando con Sigmund Freud, Ernst Bloch e Réné Girard nei tempi più recenti, tutti affermano la centralità nella struttura del desiderio.

Il desiderio non è un impulso qualsiasi. È un motore che dinamizza e mette in marcia tutta la vita psichica. Esso funziona come principio, tradotto dallo stesso Bloch come principio speranza. Per sua natura, il desiderio è infinito e conferisce carattere infinito al progetto umano.

Il desiderio rende drammatica e a volte tragica l’esistenza. Ma quando realizzato dona una felicità senza uguale. Per altro verso, produce grande delusione quando l’essere umano identifica una realtà finita come se fosse l’oggetto infinito che desidera. Può essere la persona amata, una professione sempre ambita, una proprietà, un viaggio per il mondo, una nuova marca di cellulare.

Non passa molto tempo e quelle realtà desiderate gli paiono illusorie e non fanno altro che aumentare il vuoto interiore, grande della grandezza di Dio. Come uscire da questa impasse? Tentando di mettere sullo stesso piano infinito del desiderio, il finito di ogni realtà? Vagare da un oggetto all’altro, senza mai trovare riposo? L’essere umano deve porsi seriamente la domanda: qual è il vero e oscuro oggetto del suo desiderio? Oso rispondere: è l’ Essere, non l’ente; il Tutto, non la parte; l’Infinito, non il finito.

Dopo molto pellegrinare, l’essere umano è portato a fare l’esperienza del cor inquietum di Sant’Agostino, l’instancabile uomo del desiderio e l’infaticabile pellegrino dell’infinito. Nella sua autobiografia, «Le confessioni» testimonia con commosso sentimento: “Tardi ti ho amato, o Bellezza sempre antica e sempre nuova, tardi ti ho amato. Tu mi hai toccato e ardo di desiderio della tua pace; Il mio cuore inquieto non si riposa fino a quando non potrà riposare in te” (lib X, n.27).

Qui abbiamo descritto il percorso del desiderio che cerca e trova il suo oscuro oggetto sempre desiderato, nel sonno e nella veglia. Solo l’Infinito è pari al desiderio infinito dell’essere umano. Solo allora termina il viaggio alla volta del cuore e comincia il sabato del riposo umano e divino.

Leonardo Boff è teologo e filosofo e ha scritto Tempo de trascendencia: o ser humano como projeto infinito, Vozes, 2002.

Traduzione di Romano Baraglia

El viaje más largo: rumbo a nuestro propio corazón

El gran conocedor de los meandros de la psique humana C.G. Jung observaba: el viaje rumbo a nuestro propio centro, al corazón, puede ser más largo y peligroso que el viaje a la luna. En el interior humano habitan ángeles y demonios, tendencias que pueden llevar a la locura y a la muerte, y energías que conducen al éxtasis y a la comunión con el Todo.

Entre los pensadores de la condición humana hay una pregunta nunca resuelta: ¿Cuál es la estructura de base del ser humano? Muchas son las escuelas de intérpretes pero no viene al caso enumerarlas ahora.

Yendo directamente al asunto diría que no es la razón, como se afirma comúnmente. La razón no irrumpe no es lo primero que irrumpe. Ella remite a dimensiones más primitivas de nuestra realidad humana de las que se alimenta y que la permean en todas sus expresiones. La razón pura kantiana es una ilusión. La razón viene siempre impregnada de emoción, de pasión y de interés. Conocer es siempre entrar en comunión interesada y afectiva con el objeto del conocimiento

Más que ideas y visiones de mundo, son pasiones, sentimientos fuertes, experiencias germinales las que nos mueven y nos ponen en marcha. Nos levantan, nos hacen arrostrar peligros y hasta arriesgar la propia vida.

Lo primero parece ser la inteligencia cordial, sensible y emocional. Sus bases biológicas son las más ancestrales, ligadas al surgimiento de la vida, hace 3,8 mil millones de años, cuando las primeras bacterias irrumpieron en el escenario de la evolución y comenzaron a dialogar químicamente con el medio para poder sobrevivir. Este proceso se profundizó a partir del momento en que surgió, hace millones de años, el cerebro límbico de los mamíferos, cerebro portador de cuidado, de ternura, de cariño y amor por la cría, gestada en el seno de esta nueva especie de animales, a la cual también pertenecemos nosotros los humanos. En nosotros ha llegado a la fase autoconsciente e inteligente. Todos nosotros estamos vinculados a esta tradición primera.

El pensamiento occidental, logocéntrico y antropocéntrico, puso el afecto bajo sospecha, con el pretexto de que perjudicaba la objetividad del conocimiento. Hubo un exceso, el racionalismo, que llegó a producir en algunos sectores de la cultura, una especie de lobotomía, es decir, una completa insensibilidad frente al sufrimiento humano, el de los demás seres y el de la Madre Tierra. El Papa Francisco en Lampedusa delante de los inmigrantes africanos criticó la globalización de la insensibilidad, incapaz de compadecerse y llorar.

Pero se puede decir que a partir del romanticismo europeo (con Herder, Goethe y otros) se empezó a recuperar la inteligencia sensible. El romanticismo es más que una escuela literaria; es una manera de sentir el mundo, nuestra pertenencia a la naturaleza y la integración de los seres humanos en la gran cadena de la vida (Löwy y Sayre, Rebelión y melancolía, Vozes, 28-50).

Modernamente el afecto, el sentimiento y la pasión (pathos) han ido adquiriendo centralidad. Este paso es hoy imperativo, pues solamente con la razón (logos) no podemos hacer frente a las graves crisis por las que pasan la vida, la humanidad y la Tierra. La razón intelectual necesita unirse a la inteligencia emocional sin la cual no construiremos una realidad social integrada y de rostro humano. No se llega al corazón del corazón sin pasar por el afecto y el amor.

Entre otros muchos datos importantes, cabe resaltar sin embargo uno, por su relevancia y por la gran tradición de la que goza: es la estructura del deseo que marca la psique humana. Partiendo de Aristóteles, pasando por san Agustín y por los medievales como san Buenaventura (llama a san Francisco vir desideriorum, hombre de deseos), por Schleiermacher y MaxScheler en los tiempos modernos, y culminando con Sigmund Freud, Ernst Bloch y René Girard en tiempos más recientes, todos afirman la centralidad de la estructura del deseo.

El deseo no es un impulso cualquiera. Es un motor que dinamiza y pone en marcha toda la vida psíquica. Funciona como un principio, tan bien traducido por el filósofo Ernst Bloch como principio esperanza. Por su naturaleza, el deseo es infinito y confiere carácter infinito al proyecto humano.

El deseo hace dramática y, a veces, trágica la existencia. Cuando se realiza, da una felicidad sin igual. Pero por otro lado, produce una grave desilusión cuando el ser humano identifica una realidad finita como el objeto infinito deseado. Puede ser la persona amada, una profesión siempre deseada, una propiedad, un viaje por el mundo o una nueva marca de teléfono móvil.

No pasa mucho tiempo y aquellas realidades deseadas le parecen ilusorias y solamente hacen aumentar el vacío interior, tan grande como el tamaño Dios. ¿Cómo salir de este impasse tratando de equilibrar lo infinito del deseo con lo finito de toda realidad? ¿Vagar de un objeto a otro, sin nunca encontrar reposo? El ser humano tiene que plantearse seriamente esta pregunta: ¿Cuál el verdadero y oscuro objeto de su deseo? Me atrevo a responder: es el Ser y no el ente, el Todo y no la parte, es el Infinito y no lo finito.

Después de mucho peregrinar, el ser humano es llevado a pasar por la experiencia del cor inquietum de san Agustín, incansable hombre de deseo e infatigable peregrino del Infinito. En su autobiografía, Las Confesiones, declara con conmovedor sentimiento:

Tarde te amé, oh Belleza siempre antigua y siempre nueva. Tarde te amé. Tú me tocaste y yo ardo en deseo de tu paz. Mi corazón inquieto no descansará hasta reposar en Ti (libro X, n.27).

Aquí tenemos descrita la trayectoria del deseo que busca y encuentra su oscuro objeto siempre deseado, en el sueño y en la vigilia. Sólo el Infinito se adecúa al deseo infinito del ser humano. Sólo entonces termina el viaje rumbo al corazón y comienza el sábado del descanso humano y divino.

Traduccion de Maria Jose Gavito Milano

Werden wir Menschen zum Krebsgeschwür, dessen sich die Erde entledigen wird?

 

 

Es gibt Negationisten, die die Shoah (Völkermord an Millionen von Juden in den Konzentrationslagern der Nazis) leugnen, und es gibt Negationisten des Klimawandels der Erde. Erstere werden von der ganzen Menschheit geächtet. Letztere, die bis vor kurzem noch zynisch lächelten, erfahren nun von Tag zu Tag, dass ihre Überzeugungen von den unbestreitbaren Fakten widerlegt werden. Sie werden nur aufrechterhalten, indem man Wissenschaftler davon abhält, die ganze Wahrheit aufzudecken, wie durch verschiedene ernsthafte alternative Nachrichtenquellen bekannt wurde. Der Grund dafür liegt in dem wahnsinnigen Bestreben, Reichtümer anzuhäufen, ohne irgendwelche Rücksichten zu nehmen. 

 

In letzter Zeit traten extreme Naturereignisse auf, die schwerste Konsequenzen hatten: Katrina und Sandy in den Vereinigten Staaten, furchtbare Taifune in Pakistan und Bangladesh, der Tsunamie in Südost-Asien und der Taifun in Japan, der das Kernkraftwerk von Fukushima auf bedrohliche Weise beschädigte und zuletzt der zerstörerische Taifun Haiyan auf den Philippinen, der Tausende von Opfern kostete.

 

Wir wissen heute, dass die Temperatur des tropischen Pazifiks, wo die großen Taifune entstehen, im allgemeinen unter 19,2°C liegt. Das Meerwasser hat sich erwärmt und erreichte bis 1976 eine Temperatur um 25°C, bis 1997/1998 erreichte es die 30°C-Marke. Dadurch entsteht eine starke Verdunstung. Extreme Naturereignisse entstehen ab einer Wassertemperatur von 26°C. Mit der globalen Erwärmung wird die Frequenz der Taifune erhöht sowie deren Geschwindigkeit. Erreichten diese Winde im Jahr 1951 noch eine Geschwindigkeit von 240 km/h, so waren sie in den Jahren 1960-1980 bereits bei 275 km/h, 2006 wurden Spitzenwerte von 306 km/h gemessen, und 2013 erreichte der Taifun die verheerende Geschwindigkeit von 380 km/h.

 

In den letzten Monaten wurden von Organen der Vereinten Nationen vier offizielle Berichte veröffentlicht, die vehemente Warnungen aussprachen, dass die Erhöhung der Erderwärmung ernste Konsequenzen nach sich ziehen würde. Mit einer Wahrscheinlichkeit von 90 % liegt der Grund hierfür im unverantwortlichen Handeln der Menschen und der industrialisierten Länder.

Dies wurde im September von der  Expertenguppe des Weltklimarats (IPCC, zwischenstaatlicher Ausschuss über Klimaveränderung, bestehend aus ca. Tausend Wissenschaftlern) bestätigt, ebenso durch das Umweltprogramm der Vereinten Nationen (UNEP) und den internationalen Bericht über den Bericht der Meere, der die Erhöhung der Säure anprangert, wodurch weniger CO2 absorbiert werden kann, und schließlich durch die Weltorganisation für Meteorologie (WMO) am 13. November in Genf. Alle sind sich einig darüber, dass die Klimaerwärmung nicht auf uns zukommt, sondern dass wir uns bereits mitten darin befinden. Während die CO2-Rate zu Beginn der industriellen Revolution noch bei 280 ppm (millionstel Teile) lag, erhöhte sie sich bis zum Jahr 1990 auf 350 ppm und erreicht heute bereits 450 ppm. Dieses Jahr wurde bereits von einigen Teilen der Erde ein Temperaturanstieg von 2°C gemessen, was zu irreversiblen Schäden für die Lebewesen führen kann.

 

Vor einigen Wochen brach die Generalsekretärin des Sekretariats der Klimarahmenkonvention der Vereinten Nationen (UNFCCC), Christina Figueres, mitten in der Pressekonferenz in Tränen aus, da die Länder fast nichts unternehmen, um gegen die Klimaerwärmung vorzugehen. Auf der 19. Konvention über den Klimawandel in der UNO weinte auch Yeb Sano aus den Philippinen um seine Familie, als er vor den Repräsentanten der 190 Nationen über den Horror des Taifuns berichtete, der sein Land verwüstete. Die meisten konnten ihre Tränen nicht zurückhalten, doch bei vielen waren dies nur Krokodilstränen. Die Repräsentanten hielten in ihren Aktenmappen bereits die Anweisungen, die im Vorfeld durch ihre Regierungen und die Global Player beschlossen worden waren und die einen Konsens auf vielerlei Weise unmöglich machen. Dann gibt es noch die Machthaber, Besitzer von Kohlenminen, Aktionäre von Erdöl oder der Eisen- und Stahlindustrie, Automobil-Hersteller u. a. Alle wollen, dass alles so weitergeht wie bisher. Das ist das Schlimmste überhaupt, denn der Weg zum Abgrund hin wird so direkt genommen und ist fatal. Angesichts des Nichtzustandekommens eines Konsenses unter den Völkervertretern, die die wissenschaftlichen Daten nicht ernst nehmen, ist es verständlich, dass Hunderte der bei der 19. Klimakonferenz der UNO in Warschau anwesenden Mitglieder von Nichtregierungsorganisationen die Diskussionen aus Protest verließen.

Warum nur gibt es diesen irrationale Widerstand gegenüber den notwendigen Veränderungen, die uns alle retten könnten?

 

Um dies zu beantworten, kommen wir direkt auf die zentrale Frage zu sprechen: Dieses ökologische Chaos ist das Resultat unserer Produktionsweise, die die Natur verwüstet und eine grenzenlose Konsumhaltung nährt. Entweder wir ändern unser Paradigma des Verhältnisses zur Erde und zu den Naturgütern und -dienstleistungen, oder wir gehen geradewegs dem Untergang entgegen. Das aktuelle Paradigma wird von dieser Logik regiert: Wie kann ich die bestmögliche Investition in der kürzest möglichen Zeit machen mit  technologischen Innovationen und einer größeren Konkurrenzfähigkeit?  Die Produktion soll schlicht und einfach dem Konsum dienen, der weitere Anhäufung hervorbringt, worin sein Hauptziel besteht. Die Zerstörung der Natur und die Verarmung der Ökosysteme sind nur Randerscheinungen (die nicht in der Buchführung der Unternehmen auftauchen). Da die neoliberale Wirtschaft strikt von der Konkurrenz bestimmt wird, wo Kooperation keine Rolle spielt, ist ein Krieg der Märkte entstanden, bei dem jeder gegen jeden antritt. Die Rechnung dafür haben die Menschen zu zahlen (soziale Ungerechtigkeit) und die Natur (ökologische Ungerechtigkeit).

 

Wir sind an einem Punkt angelangt, an dem die Erde diesen offenen Krieg gegen sie nicht mehr aushält. Sie braucht anderthalb Jahre, um das wiederherzustellen, was wir innerhalb eines Jahres ernten. Die Klimaerwärmung ist das Fieber, das uns anzeigt, dass die Erde krank ist, schwer krank.

Entweder fangen wir an, uns als ein Teil der Natur zu sehen und diese als uns selbst zu respektieren, lassen das Paradigma der Eroberer und Beherrscher fallen zugunsten des Paradigmas der Achtsamkeit für das Leben und den Respekt der Natur und produzieren so, dass die natürlichen Grenzen und Rhythmen jedes Ökosystems respektiert werden oder wie bereiten uns auf die bittere Lektion vor, die Mutter Erde uns erteilen wird. Und es ist nicht ausgeschlossen, dass sie uns nicht mehr er-tragen und sich unserer entledigen möchte, so wie wir uns eines Krebsgeschwürs entledigen. Sie wird weiter leben, bedeckt mit unseren Leichen, doch ohne uns. Möge Gott dies verhindern.

 

Siehe auch: Leonardo Boff, „Zukunft für Mutter Erde: Warum wir als Krone der Schöpfung abdanken müssen“, Claudius Verlag, München 2012

übersezt von Bettna Gokd-Hartnacj

 

 

 

¿Seremos una célula cancerígena a ser extirpada?

Hay negacionistas de la Shoah (eliminación de millones de judíos en los campos nazis de exterminio) y hay negacionistas de los cambios climáticos de la Tierra. Los primeros reciben el desprecio de toda la humanidad; los segundos, que hasta hace poco sonreían cínicamente, ahora ven día a día que sus convicciones están siendo refutadas por hechos innegables. Sólo se mantienen coaccionando a algunos científicos para que no digan todo lo que saben, como ha sido denunciado por diferentes y serios medios alternativos de comunicación. Es la razón enloquecida que busca la acumulación de la riqueza sin ninguna otra consideración.
En tiempos recientes hemos conocido eventos extremos de la mayor gravedad: los huracanes Katrina y Sandy en Estados Unidos, tifones terribles en Paquistán y Bangladesh, el tsunami del Sudeste de Asia, el tifón de Japón que dañó peligrosamente las centrales nucleares de Fukushima y hace pocos días el avasallador tifón Haiyan en Filipinas que ha dejado miles de víctimas.
Hoy se sabe que la temperatura del Pacífico tropical, de donde nacen los principales tifones, estaba normalmente por debajo de los 19,2°C. Las aguas marítimas se han ido calentando hasta el punto de quedar hacia el año 1976 en 25°C y a partir de 1997/1998 alcanzaron los 30°C. Tal hecho produce gran evaporación de agua. Los eventos extremos ocurren a partir de los 26°C. Con el calentamiento, los tifones aparecen con más frecuencia y con vientos de mayor velocidad. En 1951 eran de 240 km/h; en 1960-1980 subieron a 275 km/h; en 2006 llegaron a 306 km/h y en 2013 a los terroríficos 380 km/h.
En los últimos meses cuatro informes oficiales de organismos ligados a la ONU lazaron una vehemente alerta sobre las graves consecuencias del creciente calentamiento global. Está comprobado, con un 90% de seguridad, que es provocado por la actividad irresponsable de los seres humanos y de los países industrializados.
Lo confirmó en septiembre el IPPC (Panel Intergubernamental para el Cambio Climático) que articula a más de mil científicos; lo mismo ha hecho el Programa del Medio Ambiente de la ONU (PNUMA); enseguida el Informe Internacional del Estado de los Océanos denunció el aumento de la acidez, que por eso absorbe menos C02; finalmente el 13 de noviembre en Ginebra la Organización Meteorológica Mundial. Todos son unánimes en afirmar que no estamos yendo hacia el calentamiento global, sino que estamos ya dentro de él. Si en los inicios de la revolución industrial la concentración de CO2 era de 280 ppm (partes por millón), en 1990 se elevó a 350 ppm y hoy ha llegado a 450 ppm. En este año se ha dado la noticia de que en algunas partes del planeta ya se rompió la barrera de los 2ºC, lo que puede acarrear daños irreversibles para los demás seres vivos.
Hace pocas semanas, a la Secretaria Ejecutiva de la Convención de la ONU sobre el  Cambio Climático, Christiana Figueres, en plena entrevista colectiva, se le saltaron las lágrimas al denunciar que los países no hacen casi nada para la adaptación y la mitigación del calentamiento global. Yeb Sano de Filipinas, en la 19ª Cumbre del Clima de Varsovia realizada del 11 al 22 de noviembre, lloró ante los representantes de 190 países contando el horror del tifón que había devastado su país, alcanzando a su misma familia. La mayoría no pudo contener las lágrimas. Pero para muchos eran lágrimas de cocodrilo. Los representantes ya traen en su cartera las instrucciones preparadas previamente por sus gobiernos, y los grandes dificultan de muchas maneras cualquier consenso. Allí están también los dueños del poder en el mundo, dueños de las minas de carbón, muchos accionistas de petroleras o de siderurgias movidas por carbón, de  industrias de montaje y otros. Todos quieren que las cosas sigan como están. Es lo peor que nos puede pasar, porque entonces el camino hacia el abismo se vuelve más directo y fatal. ¿Por qué esa irracional oposición?
Vayamos directos a la cuestión central: este caos ecológico se lo debemos a nuestro modo de producción que devasta la naturaleza y alimenta la cultura del consumismo ilimitado. O cambiamos nuestro paradigma de relación con la Tierra y con los bienes y servicios naturales o vamos irrefrenablemente al encuentro de lo peor. El paradigma vigente se rige por esta lógica: ¿cuánto puedo ganar con la menor inversión posible en el más corto lapso de tiempo con innovación tecnológica y con mayor potencia competitiva? La producción está dirigida al puro y simple consumo que genera acumulación, siendo esta el objetivo principal. La devastación de la naturaleza y el empobrecimiento de los ecosistemas ahí implicados son meras externalidades (no entran en la contabilidad empresarial). Como la economía neoliberal se rige estrictamente por la competición y no por la cooperación, se establece una guerra de mercados, de todos contra todos. Quien paga la cuenta son los seres humanos (injusticia social) y la naturaleza (injusticia ecológica).
Ocurre que la Tierra no aguanta más este tipo de guerra total contra ella. Necesita un año y medio para reponer lo que le arrancamos en un año. El calentamiento global es la fiebre que denuncia que está enferma, gravemente enferma.
O comenzamos a sentirnos parte de la naturaleza y entonces la respetamos como a nosotros mismos, o pasamos del paradigma de la conquista y de la dominación al del cuidado y de la convivencia y producimos respetando los ritmos naturales y dentro de los límites de cada ecosistema, o si no preparémonos para las amargas lecciones que la Madre Tierra nos dará. Y no se excluye la posibilidad de que ella no nos acepte más y se libere de nosotros como nos liberamos de una célula cancerígena. Ella puede continuar, cubierta de cadáveres, pero sin nosotros. Que Dios no permita semejante trágico destino.

Leonardo Boff es autor de Proteger la Tierra y cuidar da vida: cómo escapar del fin del mundo, Sal Terrae, 2011.

Traducción de Mª José Gavito Milano