Il conto è arrivato: la tragedia climatica nel Rio Grande do Sul

            Leonardo Boff

Interrompo la mia riflessione sui vettori dell’attuale crisi sistemica e sulle possibili vie d’uscita a causa della tragedia ambientale del Rio Grande do Sul. Le forti piogge e le catastrofiche inondazioni, con le acque che hanno invaso intere città, distruggendole in parte, costringendo centinaia di famiglie a lasciare la loro casa, provocando migliaia di sfollati, dispersi e morti, ci devono far riflettere.

Esprimiamo innanzitutto la nostra profonda solidarietà alle persone colpite da questa calamità di proporzioni bibliche; esprimiamo la nostra compassione perché, come insegnava San Tommaso nella Somma Teologica, «di per sé la compassione è la più grande delle virtù, perché appartiene alla compassione che uno si doni all’altro e, per di più, vada incontro alla debolezza dell’altro». Tutto il Paese si è mobilitato. Il popolo brasiliano ha mostrato il meglio di sé, la sua capacità di solidarietà e la sua disponibilità ad aiutare, al di là dei malvagi che sfruttano le disgrazie per i propri fini e attraverso menzogne e calunnie.

Sarebbe sbagliato pensare che si tratti di una semplice catastrofe naturale solo perché fenomeni simili si verificano di tanto in tanto. Questa volta, la natura della tragedia ha un’origine diversa. Ha a che fare con la nuova fase in cui è entrato il pianeta Terra: l’avvio di un nuovo stadio caratterizzato da un aumento del riscaldamento globale. Tutto di origine antropica, cioè prodotto dall’essere umano, ma più precisamente dal capitalismo anglosassone devastatore degli equilibri naturali.

Ci sono negazionisti in tutti gli ambiti, soprattutto tra gli amministratori delegati delle grandi aziende e tra coloro che si sentono a proprio agio nella loro posizione di privilegio. Ma la valanga di sconvolgimenti climatici, l’irruzione di eventi estremi, le ondate di calore intenso e di gravi siccità, i grandi incendi, i tornado e le terribili alluvioni sono fenomeni innegabili che investono anche i più recalcitranti, pure loro costretti a riflettere.

Considerando la storia del pianeta, che esiste già da oltre 4 miliardi di anni, constatiamo che il riscaldamento globale è parte dell’evoluzione e della dinamica dell’universo, il quale è sempre in movimento adattandosi ai cambiamenti energetici che si verificano durante il processo cosmogenico. Così, il pianeta Terra ha vissuto molte fasi, alcune di freddo estremo e altre di caldo estremo come avvenuto 14 milioni di anni fa. In questo periodo di estremo calore, l’essere umano non esisteva ancora, essendo comparso in Africa solo 7-8 milioni di anni fa, mentre l’attuale Homo sapiens solo 200.000 anni fa.

Gli stessi esseri umani hanno attraversato varie fasi nel loro dialogo con la natura: inizialmente predominava un’interazione pacifica con essa; poi si è passati a intervenire attivamente sui suoi ritmi, deviando i corsi dei fiumi per l’irrigazione e tagliando territori per le strade; infine si è proceduto a una vera  aggressione della natura, esattamente a partire dal processo industrialista che ha sfruttato le risorse naturali per la ricchezza di pochi a scapito della povertà delle grandi maggioranze: un’aggressione che attraverso tecnologie estremamente efficienti ha condotto a una vera distruzione della natura, alla devastazione di interi ecosistemi, attraverso la deforestazione per la produzione di materie prime, l’uso improprio del suolo a causa dei pesticidi, la contaminazione dell’acqua e dell’aria. Siamo nel bel mezzo di una fase di distruzione delle basi naturali che sostengono la nostra vita. Chiamiamola con il suo nome: il modello di produzione/devastazione del sistema capitalista anglosassone oggi globalizzato, con il suo mantra la massimizzazione del profitto attraverso lo sfruttamento eccessivo dei beni e dei servizi naturali, in un quadro di spietata concorrenza senza alcun accenno di collaborazione.

Questo processo ha avuto un costo pesante, che non è stato nemmeno preso in considerazione dagli operatori di tale sistema. I danni naturali e sociali erano considerati un effetto collaterale che non rientrava nei conti delle imprese. Spettava allo Stato, non a loro, occuparsi di questi tassi di iniquità.

La Terra vivente ha cominciato a reagire inviando virus, batteri, malattie di ogni tipo, tifoni, tempeste rovinose e un aumento della sua temperatura naturale. È entrata in ebollizione. Abbiamo imboccato una strada senza ritorno. Si tratta dei gas serra: CO2, metano (28 volte più dannoso della CO2), protossido di azoto e zolfo, tra altri. 40,8 milioni di tonnellate di anidride carbonica sono state rilasciate nell’atmosfera solo nel 2023, secondo il rapporto della COP 28 svoltasi a Dubai.

Diamo un’occhiata ai livelli di crescita di questo gas: nel 1950 le emissioni erano pari a 6 miliardi di tonnellate; nel 2000 a 25 miliardi; nel 2015 sono salite a 35,6 miliardi; nel 2022 a 37,5 miliardi e infine nel 2023, come abbiamo detto, a 40,9 miliardi di tonnellate. Questo volume di gas funziona come una serra, impedendo ai raggi del sole di ritornare nell’universo e così creando uno strato caldo che provoca il riscaldamento dell’intero pianeta. Senza contare che l’anidride carbonica (CO2) rimane nell’atmosfera per circa 100-110 anni.

Come può la Terra digerire un tale inquinamento? L’accordo di Parigi della COP 2015 aveva stabilito delle quote per la riduzione di questi gas attraverso la creazione di energie alternative (eolica, solare, mareomotrice). Non è stato fatto nulla di concreto. Ora è arrivato il conto da pagare per tutta l’umanità: un riscaldamento irreversibile che renderà inabitabili alcune regioni del pianeta in Africa, Asia e anche tra di noi.

Quello a cui stiamo assistendo nel Rio Grande do Sul è solo l’inizio di un processo che, se manteniamo l’attuale tipo di civiltà distruttrice della natura, non potrà che peggiorare. Gli stessi climatologi hanno lanciato l’allarme: la scienza e la tecnologia si sono svegliate troppo tardi rispetto al cambiamento climatico. Ora non si può più evitarlo, si può solo avvisare dell’arrivo di eventi estremi e mitigarne gli effetti dannosi.

La Terra e l’umanità dovranno adattarsi a questo cambiamento climatico. Anziani, bambini e molti organismi viventi avranno difficoltà ad adattarsi e andranno incontro a grandi sofferenze, persino alla morte. La Madre Terra vivrà d’ora in poi trasformazioni mai viste prima. Alcune di esse potrebbero decimare la vita di migliaia di persone. Se non facciamo attenzione, l’intero pianeta potrebbe diventare ostile alla vita della natura e alla nostra vita. Alla fine, potremmo persino scomparire. Sarebbe il prezzo della nostra irresponsabilità, disumanità e negligenza nei confronti della natura che ci dà tutto per vivere. Non riusciremo a pagare il conto.

Tradução: Claudia Fanti

Carta aos negacionistas: comprem um seguro de vida

Jamil Chade

Jamil Chade é um dos mais competentes jornalistas brasileiros. Reside em Genebra de onde cobre as políticas de diversos países, a nossa e em geral a geopolítica entre os três grandes países com armas de destruição em massa: USA,Rússia e China que disputam  a hegemonia no mundo. Esta disputa pode terminar numa guerra nuclear, perigosa para o futuro da humanidade. Publico esta conclamação de Jamil Chade face à gravidade da mudança climática que já se impôs e pode provocar eventos dramáticos como as enchentes no Rio Grande do Sul. Este evento extremo obriga os negacionistas da mudança climática a abandonarem seus preconceitos e falsas alegações (é coisa de comunistas).Esse fato como tantos outros no mudo, particularmente, a pouco noticiada frequência de grandes queimadas no Canadá, na Amazônia,no Pantanel  e em outros lugares no mundo nos alertam sobre as ameaças que pesam sobre a nossa Casa Comum e o futuro da vida nela:Lboff

*************

Coube à nossa geração viver uma encruzilhada existencial: ou mudamos a forma de nos relacionar e habitar o planeta, ou simplesmente esse planeta será inabitável para nós.

As cenas que estamos testemunhando no Rio Grande do Sul são exemplos de uma realidade que não vai desaparecer e que, a cada ano, se repete de forma cada vez mais intensa pelo mundo.

Todos os dados mostram isso. Seja aqui nos Alpes, onde moro, na África, nas florestas do Canadá e em tantos outros lugares.

Vocês nunca acreditaram que a água iria subir, que o calor seria insuportável, que a produção agrícola sofreria. Pois bem: essa realidade definirá sua existência.

A questão ambiental não é uma ideologia. É um fato. E ele é dramático.

John Maynard Keynes já dizia que aqueles que acreditam estar isentos de qualquer influência intelectual estão, frequentemente, escravizados por algum economista morto. Eu iria além: por algum ideólogo defunto.

Continua após a publicidade

Vimos alguns de seus líderes acusar uma jovem que reivindicava um novo mundo de “pirralha”. Vimos um ex-chefe da diplomacia que denunciava como esses estudantes eram “zumbis” que serviam ao globalismo e outros ismos que ele mesmo não sabe definir.

Tenho a impressão de que alguns desses líderes de fato sabem que a transformação é uma realidade. Mas não podem admitir. Caso contrário, teriam de reconhecer que o próprio sistema está falido. E, caso optem por esse caminho, terão de desmontar as bases sobre as quais seu poder é estabelecido.

No Congresso Brasileiro, seus representantes têm em suas mãos decisões que serão fundamentais para definir qual a direção que o Brasil e o planeta tomarão. Dependendo da decisão que tomem, estarão ajudando a vida humana na terra a ser ainda mais difícil.

Nas prefeituras espalhadas pelo país, seus representantes não têm mais escolha: ou atuam para preparar suas comunidades ou serão varridos pelo óbvio. Hoje, um político que optar por negar a revolução climática não está apenas cometendo uma insensatez. Trata-se de um crime.

Estamos vivendo uma verdadeira transição a uma sociedade moldada por limites ecológicos. A era do mundo infinito acabou.

Há poucos dias, escutei uma história reveladora. Um produtor rural no Sul do país — negacionista — insistia que essa história de mudanças climáticas era coisa de comunista. Mas, sem contar a seus parceiros, aumentou o seguro de sua produção. Não aguentava mais perder dinheiro diante dos eventos climáticos extremos que sua região vive.

Sugiro ir além: comprem também um seguro de vida. Negar o óbvio não será suficiente para sobreviver.

Saudações democráticas

Jamil Chade

Fonte: noticias.uol.com.br  do dia 12/5/2024.

A conta chegou: a tragédia climática no Rio Grande do Sul

Leonardo Boff

Interrompo minha reflexão sobre os vetores da crise sistêmica atual e as eventuais saídas da crise, em razão da tragédia ambiental ocorrida no Rio Grande do Sul. As intensas chuvas e as catastróficas enchentes, com as águas invadindo cidades  inteiras, destruindo-as em parte, deslocando centenas de famílias, causando milhares de refugiados ou de desaparecidos e mortos, nos fazem pensar.

Antes de mais nada nossa profunda solidariedade às populações atingidas por esta calamidade de proporções bíblicas.Expressamos nossa com-paixão,pois como ensinava Santo Tomás na Suma Teológica “a compaixão em si é a virtude maior. Pois faz parte da compaixão derramar-se sobre os outros – e o que é mais ainda-  ajudar a fraqueza e a dor dos outros”. Todo o país se mobilizou. O povo brasileiro mostrou o melhor de si, sua capacidade de solidariedade e disposição de ajuda, a despeito dos perversos que exploram a desgraça para fins particulares e por mentiras e calúnias.

Seria errôneo pensar que se trata apenas de uma catástrofe natural, pois de tempos em tempos ocorrem fenômenos semelhantes. Desta vez a natureza da tragédia possui outra origem. Temos a ver com a nova fase em que entrou o planeta Terra:a instalação de um novo estágio, caracterizado pelo aumento do aquecimento global. Tudo isso de origem antropogênica, quer dizer, produzida pelos seres humanos mas mais especificamente pelo capitalismo anglo-saxão,devastador dos equilíbrios naturais.

Há negacionistas em todos as esferas, especialmente entre os CEOS das grandes empresas e naqueles que se sentem bem na situação de privilégio, assentados sobre uma situação de conforto. Mas a avalanche de transtornos nos climas, a irrupção de eventos extremos, as ondas de calor intenso e de secas severas, os grandes incêndios, os tornados e as enchentes apavorantes, constituem fenômenos inegáveis. Está tocando a pele dos mais resistentes. Começaram também eles a pensar.

Considerando a história do planeta que já existe há mais de 4 bilhões de anos, constatamos que  aquecimento global participa da evolução e do dinamismo do universo;  este está sempre em movimento e se adaptando às circunvoluções energéticas que ocorrem no decorrer do processo cosmogênico. Assim o planeta Terra conheceu muitas fases, algumas de extremo frio, outras de extremo calor como há 14 milhões de anos. Nesta época de calor extremos não existia ainda o ser humano que somente irrompeu na África há 7-8 milhões de anos e o homo sapiens atual há apenas 200 mil anos.

 O próprio ser humano percorreu várias etapas em seu diálogo com a natureza: inicialmente predominava uma interação pacífica com ela; depois passou a uma intervenção ativa nos seus ritmos, desviando cursos de rios para a irrigação, cortando territórios para estradas; passou para uma verdadeira agressão da natureza, precisamente a partir do processo industrialista que se aproveitou dos recursos naturais para a riqueza de alguns à custa da pobreza das grandes maiorias; esta agressão foi levada por tecnologias eficientes a uma verdadeira destruição da natureza, ao devastar inteiros ecossistemas, pelo desflorestamento em função da produção de commodities, pelo mau uso do solo impregnando-o de agrotóxicos, contaminando as águas e os ares.Estamos em plena fase de destruição das bases naturais que sustentam nossa vida. Digamos o nome: é o modo de produção/devastação do sistema capitalista anglo-saxão hoje globalizado, com seus mantras: maximização do lucro através da superexploração dos bens e serviços naturais, no quadro de severa competição sem qualquer laivo de colaboração.

Este processo teve um pesado custo, sequer tomado em conta pelos  operadores deste sistema. Os danos naturais e sociais  eram considerados como efeitos colaterais que não entravam na contabilidade das empresas. Ao estado e não a eles cabia enfrentar tais taxas de iniquidade.

A Terra viva começou a reagir enviando vírus, bactérias, todo tipo de doenças, tufões, tempestades rigorosas e por fim um aumento de sua temperatura natural. Ela entrou em ebulição. Iniciamos um caminho sem volta. São os gazes de efeito estufa:o CO2, o metano (28 vezes mais danoso que o CO2), o óxido nitroso e o enxofre entre outros.Só em 2023 foram lançados na atmosfera 40,8 milhões de toneladas de dióxido de carbono, com consta no relatório da COP 28, realizada no Cairo.

Vejamos os níveis de crescimento desse gás: em 1950 as emissões eram de  6 bilhões de toneladas; em 2000 já eram 25 bilhões;em 2015 subiu para 35,6 bilhões; em 2022 foram 37,5 bilhões e finalmente em 2023,como referimos, foram 40,9 bilhões de toneladas anuais.Esse volume de gazes funciona como uma estufa, impedindo que os raios do sol retornem para o universo, criando uma capa quente, ocasionando o aquecimento do inteiro planeta. Acresce dizer que o dióxido de carbono,CO2, permanece na atmosfera por cerca de 100 a 110 anos.

Como a Terra pode digerir semelhante poluição? O acordo de Paris na COP de 2015 estabelecia cotas de redução desses gazes com  a criação de energias alternativas (eólica, solar, das marés). Nada de substancial foi feito. Agora chegou a conta a ser paga por toda a humanidade: um aquecimento irreversível que tornará algumas regiões do planeta na África, na Ásia e também entre nós, inabitáveis.

O que estamos assistindo no Rio Grande do Sul é apenas o começo de um processo que, mantido o tipo atual de civilização dilapidadora da natureza, tende a piorar. Os próprios climatólogos alertam: a ciência e a técnica despertaram tarde demais para essa mudança climática. Agora não poderão evitá-la, apenas advertir da chegada de eventos extremos e de  mitigar seus efeitos danosos.

Terra e Humanidade deverão adaptar-se a essa mudança climática. Idosos e crianças e muitos organismos vivos terão dificuldade de adaptação e irão sofrer muito e até morrer. A Mãe Terra daqui por diante conhecerá transformações nunca dantes havidas. Algumas podem dizimar as vidas de milhares de pessoas. Se não cuidarmos, o planeta inteiro poderá ser hostil à vida da natureza e à nossa vida. No seu termo, poderemos até desaparecer. Seria o preço de nossa irresponsabilidade, desumanidade e descuido da natureza que  tudo nos dá para viver.Não conseguimos pagar a conta.

Leonardo Boff escreveu Como cuidar da Casa Comum: como protelar o fim do mundo, Vozes 2024; O doloroso parto da Mãe Terra, Vozes 2021; A busca da justa medida: como equilibrar o planeta Terra,  Vozes 2021.

Warum ist gesellschaftspolitisches Engagement heute so schwierig?

     Leonardo Boff

Wir erleben derzeit einen besorgniserregenden Rückzug der Basis und verschiedener sozialer Bewegungen, vor allem der politischen, aus dem Engagement für die Umgestaltung der Gesellschaft, sei es auf nationaler oder globaler Ebene. Es ist wichtig zu erkennen, dass es ein starkes Gefühl der Ohnmacht und auch der Melancholie gibt. Abgesehen davon erleben wir auch, dass die Universitätsjugend in den zentralen Ländern (USA und Europa) gegen die unverhältnismäßige, wahllose und volksmörderische Reaktion des Staates Israel gegen die Bevölkerung des Gazastreifens als Reaktion auf den Terrorakt der Hamas am 7. Oktober letzten Jahres rebelliert.

Das politische Establishment, das die Welt vom globalen Norden aus dominiert, reagiert mit ungewöhnlicher Gewalt gegen die Demonstranten. In Deutschland wird jede Demonstration für die Palästinenser im Gazastreifen offiziell verboten und dann beim kleinsten Anzeichen von Unterstützung für die palästinensische Sache und gegen den dort stattfindenden Völkermord unterdrückt. In den USA nimmt die polizeiliche Repression gewaltsame Züge an, die sich gegen Studenten und Universitätsprofessoren und sogar gegen einen Präsidentschaftskandidaten richten.

Bei uns in Brasilien und in Lateinamerika im Allgemeinen gibt es keine öffentlichen Demonstrationen, nicht einmal gegen den Völkermord, insbesondere an 14.000 kleinen Kindern, und den Tod von etwa 80.000 Bürgern unter schwerem israelischen Bombardement, bei dem in krimineller Weise künstliche Intelligenz (KI) eingesetzt wird, um bestimmte Menschen und ihre gesamten Familien in ihren eigenen Häusern zu ermorden.

Wir müssen versuchen zu verstehen, warum diese Trägheit entstanden ist. Ich werde einige Punkte erwähnen, die uns einen Einblick in die derzeitige Situation geben, sowohl angesichts der ernsten Lage in der Ukraine, die von der russischen Brutalität verwüstet wird, als auch angesichts des Massakers und des Völkermords im Gazastreifen.

In weiten Teilen der Gesellschaft, insbesondere im Globalen Süden, aber auch in Teilen des Globalen Nordens, herrscht ein starkes Gefühl der Ohnmacht. Erstens hat sich das kapitalistische System in seiner verschärftesten Ausprägung des Neoliberalismus der Wiener/Chicagoer Schule objektiv der ganzen Welt aufgezwungen. Diejenigen, die sich dagegen wehren, sind politischer und ideologischer Unterdrückung und schließlich Staatsstreichen ausgesetzt, wie im Fall der Amtsenthebung von Dilma Russeff. Ziel ist es, das durchzusetzen, was Carl Polanyi 1944 „Die große Transformation“ nannte: den Übergang von einer Marktgesellschaft zu einer reinen Marktgesellschaft. Mit anderen Worten, alles wird zur Ware: menschliches Leben, Organe, Saatgut, Wasser, Lebensmittel, alles wird auf den Markt gebracht und erhält seinen Preis. Dies wurde bereits 1847 von Marx in „Das Elend der Philosophie“ vorausgesagt.

Diese objektive Tatsache ruft eine subjektive Reaktion hervor: Man beginnt, die Welt ohne Hoffnung zu sehen, dass es keine brauchbare Alternative zu dieser globalisierten Ungeheuerlichkeit gibt. Dies wird durch TINA (There is no Alternative) ausgedrückt: „Es gibt keine Alternative“. Die Folge ist ein Gefühl der Ohnmacht und verdrängte Enttäuschung. Dies führt zu einer defätistischen Haltung, die besagt, dass es sich nicht lohnt, gegen das System anzugehen, weil es zu groß ist und wir zu klein sind. Sie sind gezwungen, Zugeständnisse zu machen, um in einer zutiefst ungleichen und ungerechten Welt zu überleben, was Melancholie erzeugt. Melancholie bricht aus, wenn es kein Licht am Ende des Tunnels gibt. Warum sollte man sich also für eine Alternative einsetzen, die keine Aussicht auf Erfolg hat? Diese Art von Welt ist hoffnungslos, denken nicht wenige. Wir müssen uns an sie anpassen, um so wenig wie möglich zu leiden.

Ein zweiter Punkt ist die perverse Strategie des herrschenden Systems: die Schaffung einer Kultur des Konsums. Es werden so viele begehrenswerte Objekte wie möglich angeboten, auch wenn mehr als 90 % davon völlig nutzlos und unnötig sind. Es geht darum, eine der mächtigsten Kräfte der menschlichen Psyche zu manipulieren: das Begehren, dessen Natur bereits von Aristoteles erkannt und von Freud als unbegrenzt bestätigt wurde. Namhafte Psychologen (z. B. Mary Gomes und Allen Kenner) haben bereits gesagt, dass „dies das größte psychologische Projekt ist, das die menschliche Spezies je hervorgebracht hat“: zu verhindern, dass die Bürger sich als Bürger verstehen und zu einfachen Konsumenten und konsumsüchtigen Verbrauchern werden.

Um sie zu verführen, werden Billionen von Dollar für die Werbung in den Massenmedien und mit allen möglichen Mitteln der Verführung ausgegeben. Dies entspricht dem Sechsfachen der jährlichen Investitionen, die erforderlich sind, um der gesamten Menschheit hochwertige Lebensmittel, Gesundheit, Wasser und Bildung zu garantieren. Eine größere Perversität kann man sich kaum vorstellen. Aber sie ist in der allgemeinen Lebensweise der Menschheit, die daraus hervorgegangen ist, vorherrschend.

Verinnerlichte Ohnmacht und Melancholie führen dazu, dass die Mehrheit der Menschen, und leider auch die jungen Menschen, nicht ermutigt werden, sich sozial und politisch in einer Bewegung oder einem Projekt zur Veränderung zu engagieren. Die Bildung in formalen Institutionen ist entscheidend für die Sozialisierung dieser Lesart der Realität. Vandana Shiva, eine große Wissenschaftlerin und feministische Ökologin aus Indien, nennt dies die „Monokultur der Köpfe“. Diese Monokultur erzeugt bei den Schülern das naive Bewusstsein, dass dies die gute und wünschenswerte Welt ist. Sie erkennen nicht, dass sie vom herrschenden System vereinnahmt und zu dessen Reproduzenten gemacht werden.

Gegen all dies setzte Paulo Freire sein erzieherisches und befreiendes Projekt, das mit der „Pädagogik der Unterdrückten“ und der „Erziehung als Praxis der Freiheit“ begann und mit der „Erziehung mit Liebe und Hoffnung“ endete. Er prägte den Ausdruck „hoffen“: sich nicht zurücklehnen und darauf warten, dass sich die Dinge von selbst ändern, sondern die Bedingungen dafür schaffen, dass die Hoffnung ihre transformativen Ziele erreichen kann.

Wie können wir uns von einem naiven, manipulierten Bewusstsein befreien? Der Prozess der Bewusstseinsbildung reicht nicht aus, denn kritisch zu verstehen, was geschieht, bedeutet nicht, zu ändern, was geschieht. Wir müssen zu einer alternativen Praxis übergehen und dem herrschenden System ein anderes, egalitäres, nicht konsumorientiertes Gesellschaftsparadigma entgegensetzen, das solidarisch ist mit einer Produktionsweise, die auf den Rhythmen der Natur basiert (Agrarökologie und Kreislaufwirtschaft), und einer anderen Art von ökologisch-sozialer Demokratie von unten nach oben, in der die Rechte der Natur und der Mutter Erde anerkannt werden, um das Ganze, die Menschheit und die Natur, im großen gemeinsamen Haus, der Mutter Erde, zu schaffen.

(Die Reflexion, die Suche nach Alternativen, wird im nächsten Artikel folgen)

Übersetzt von Bettina Goldhacker